[vc_row][vc_column][vc_empty_space height=”15px”][vc_custom_heading text=”Metodo Emozione di Conoscere” font_container=”tag:h2|font_size:20|text_align:left|color:%231e1e1e|line_height:22px” google_fonts=”font_family:Montserrat%3Aregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_empty_space height=”10px”][vc_column_text]

I percorsi della conoscenza, le esperienze, l’educazione, gli apprendimenti, la didattica, … non sono rappresentati da un percorso sommatoria e lineare come lo sparo di un fucile, ma sistemico, contestualizzato, articolato e complesso come il volo di una farfalla.

Nicola Cuomo
[/vc_column_text][vc_column_text] L’Associazione AEMOCON, fondata nel 1999 dal prof. Nicola Cuomo, porta avanti gli studi e le ricerche nell’ambito del Metodo Emozione di Conoscere e del Modello Empatico Relazionale avendone la proprietà intellettuale.

Tali riferimenti, ai quali il prof. Cuomo ha dedicato con passione e rigore una vita intera, sono il risultato di più di 30 anni di studi e ricerche sul campo, avvalendosi di confronti, valutazioni e verifiche a livello internazionale multi e interdisciplinare su una casistica di riferimento di circa 3000 persone con deficit cognitivo dalla prima infanzia all’età adulta.

 

Il Metodo “Emozione di Conoscere e Desiderio di Esistere” è stato un’intuizione del prof. Nicola Cuomo fin dal 1974 quando iniziò a svolgere attività di ricerca nel campo dello sviluppo e del potenziamento delle diverse e originali intelligenze, finalizzata ad ipotizzare strategie e buone prassi per ridurre gli handicap che i deficit propongono. Al centro dei suoi studi non vi era la patologia, il difetto, il non sa fare della persona, ma i contesti, le situazioni e le atmosfere relazionali nella convinzione che l’handicap non è una condizione propria della persona, ma è la conseguenza della connessione con un contesto sfavorevole.

La sua finalità, nei diversi contesti di vita della persona (casa, scuola, tempo libero e lavoro) è sempre stata quella di progettare interventi che andassero a superare il modello assistenziale verso un nuovo modo di vedere la persona lungo tutto il suo percorso di vita fino alla vita adulta.

L’emozione di conoscere e il desiderio di esistere sono l’energia esistenziale che consente all’uomo di superare gli ostacoli, le difficoltà… di crescere aumentando progressivamente responsabilità e rischi ecc… Sono le esperienze, l’incontro con l’altro, che via via ci consentono di maturare e definire la nostra identità. Allo stesso modo anche per la persona con deficit è fondamentale progettare e creare occasioni (che più difficilmente di presenterebbero spontaneamente) utili a sostenere e potenziare lo sviluppo cognitivo e affettivo, attraverso adeguati supporti e strumenti mediatori così da accedere e prendere parte al mondo di tutti.

Non più quindi percorsi “speciali”, pensati appositamente per la persona con deficit in contesti separati, ma strategie, strumenti mediatori e modalità relazionali utili per fare in modo che il mondo di tutti divenga accessibile anche a lei.

Tra le peculiarità che caratterizzano il metodo vi è il progettare circostanze di apprendimento e di insegnamento assolutamente non sciolte dai contesti relazionali con la molteplicità di eventi e relazioni psico-affettive che questi propongono.

Ciascuna persona, a prescindere dalla sua originalità, ha diritto di trovare un proprio ruolo nel mondo, scoprirsi utile, capace… divenire un ingranaggio funzionante nella società in cui vive.

 

L’intelligenza, qualunque sia il significato che le diamo è soggetta ad essere “orientata, educata e potenziata” (L. Vygotskij 1932) e soprattutto non è data dalla somma delle competenze, ma dalla capacità di autodeterminazione dell’individuo, dalla sua capacità di comprendere/interagire consapevolmente con il contesto.

Il Metodo si basa su 3 principali riferimenti teorici:

  • L. Vygotskij e A. R. Lurija: zona di sviluppo potenziale e la teoria P.A.S.S.
  • M. Wertheimer: teoria della Guestalt e potenziamento della capacità dei transfer
  • E. Husserl: fenomenologia e sviluppo delle capacità e competenze intenzionali e di autodeterminazione

Il Metodo propone, partendo da un confronto-colloquio con la famiglia finalizzato a delineare una mappa dei “sa fare” della persona, la definizione congiunta di un progetto personalizzato in cui ipotizzare buone prassi/piste di lavoro con la finalità di superare/contrastare gli handicap che i deficit propongono nei differenti contesti di vita della persona.

Gli interventi e le azioni caratterizzati dall’emozione di conoscere hanno la finalità di portare alla consapevolezza, soprattutto alla scoperta, del potere d’azione del proprio corpo, attraverso il quale è possibile intervenire sugli oggetti, sugli altri, nel e sul mondo, del poter agire e del voler agire; un provocare un permanente e dinamico passaggio, in una dimensione di reciprocità, da oggetto del desiderio dell’altro a soggetto che agisce.

Senza tali profonde attenzioni spesso diviene difficile coinvolgere una persona con deficit. Basarsi su itinerari di tipo logico-razionale o dalle motivazioni, dagli interessi della persona per implicarla in un progetto è di frequente difficilissimo o poco possibile in quanto queste sono spesso assenti o non adeguate.

Risulta fondamentale, creare le condizioni per il successo, in quanto è da questo che le motivazioni nascono. Le possibilità di successo, vanno ricercate in quegli ambiti in cui la persona con o senza deficit dimostra sia pur minime competenze, tra i suoi “sa fare”.

Alcuni dei concetti fondamentali su cui si fonda:

  1. L’eterocronia: “L’individuo, nel suo sviluppo, non segue dei ritmi costanti, ma eterocroni, si sviluppa cioè a velocità differenti secondo i diversi settori dello sviluppo psicobiologico…” (René Zazzo – 1910/1995). Lo sviluppo della persona è inteso dunque non come un percorso omogeneo (sommatorio e lineare), ma complesso, articolato, con equilibri originali, con diversi tempi di maturazione nelle diverse aree cognitive e fisiologiche
  2. La globalità: far riferimento a sistemi complessi per cui ogni elemento influenza l’altro e ne è a sua volta è influenzato. Contesti, situazioni, vissuti… influenzano il significato degli eventi. Percorsi uguali possono raggiungere obiettivi diversi, percorsi diversi possono far raggiungere obiettivi uguali
  3. Le occasioni: è necessario un progetto che, partendo dai “sa fare” non definisca un itinerario di apprendimento passivo e preconfezionato, ma organizzi occasioni reali, forti dal punto di vista emozionale e relazionale, in cui emerga la necessità di acquisire un determinato apprendimento;
  4. Autonomia-Socializzazione-Appendimenti: sono da considerarsi come un sistema integrato e contemporaneo e valutano l’efficacia dell’intervento relativamente al loro gradiente di implicazione ed integrazione reciproca, per cui: ogni autonomia deve produrre competenze in relazione alla socializzazione e agli apprendimenti; la socializzazione competenze negli ambiti delle autonomie e degli apprendimenti; gli apprendimenti competenze negli ambiti della socializzazione e delle autonomie.
  5. Vissuto/SubitoSul piano pedagogico si consiglia di dilatare e potenziare i momenti in cui il ragazzo è più attento e partecipe. La dilatazione qualitativa di questi momenti da una parte dovrebbe far capire una modalità diversa di approcciarsi al ragazzo e di utilizzare le occasioni, dall’altra produrre uno sviluppo dei potenziali comunicativi e relazionali che potrebbero influenzare positivamente le competenze e il carattere. Due sono gli indicatori globali a cui il metodo si riferisce:
    • SUBITO (educazione passiva che va eliminata e contrastata)
    • VISSUTO (educazione attiva che va incentivata, potenziata)
  6. Attenzione ai processi: implicare la persone con disabilità nei processi in modo da immetterla in una condizione in cui poter riflettere sulle azioni per impadronirsi delle competenze in maniera profonda e strutturale in modo da poter esercitare intenzionalmente trasfer cognitivi.
[/vc_column_text][vc_empty_space height=”30px”][vc_custom_heading text=”Il Modello Empatico-Relazionale” font_container=”tag:h2|font_size:20|text_align:left|color:%231e1e1e|line_height:22px” google_fonts=”font_family:Montserrat%3Aregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_column_text]Il Metodo Emozione di Conoscere trova la sua applicazione nel Modello Empatico-Relazionale.

Il progetto è rivolto a realizzare percorsi conoscitivi e di potenziamento di competenze sociali e relazionali (supportati da un Operatore Specializzato con la costante supervisione di un tutor pedagogico e psicologico) con la finalità di migliorare la qualità della vita attraverso la progettazione di occasioni e di circostanze che forniscano competenze per una vita autonoma ed indipendente.

Il progetto fa riferimento ad un atteggiamento comportamentale e relazionale, non vuole assolutamente confondere l’amicizia con l’intervento di un professionista formato nel campo della Pedagogia Speciale; tra i tanti possibili atteggiamenti da tenere in un rapporto educativo si è scartato quello dell’insegnante, dell’educatore, del terapista, del genitore e si è scelto l’atteggiamento amichevole.

Grazie a tale dimensione, “l’amicizia artificiale” diventa un’opportunità prodotta per realizzare un ambito per lo sviluppo affettivo e cognitivo fuori da itinerari didattistici e terapeutici, che grazie alla condizione empatica favorisce un apprendimento secondo modalità più intima e profonde; un apprendimento che fuori dalla relazione e dalla componente affettiva ed emozionale che questa produce risulterebbe più difficile da far raggiungere.

L’”amico”-operatore all’interno del Modello Empatico-Relazione non è colui che insegna in maniera diretta, ma funge da mediatore e da specchio, producendo situazioni relazionali fortemente emotive ed affettive in cui confidenzialmente, chiacchierando, con quella complicità che il confabulare tra amici propone, traghetti la Persona verso comportamenti e pensieri sempre più adeguati alla sua età e la prepari attraverso quella autonomia ed indipendenza che necessita di astuzie e competenze sociali e relazionali.

L’Operatore “amico” traduce in comportamento ciò che diventa estremamente difficile far comprendere ad una persona con deficit attraverso le parole. Non le parole ma i fatti, le azioni, i loro concatenamenti sensati, la chiarezza delle finalità, i risultati pragmatici, l’empatia prodotta dal coinvolgimento emotivo sono le caratteristiche che l’Operatore “amico” deve saper mettere in campo per raggiungere l’obiettivo di trasmettere competenze.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_custom_heading text=”BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO” font_container=”tag:h2|font_size:20|text_align:left|color:%231e1e1e|line_height:22px” google_fonts=”font_family:Montserrat%3Aregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_column_text]

Di seguito una breve bibliogarfia di riferimento al Metodo. Altri articoli e/o approfondimenti sulla rivista Emozione di Conoscere

N. Cuomo “L’inserimento come occasione di ricerca” ed.Scolastiche B.Mondadori, Milano, 1980

N. Cuomo “Vincere la paura” ed. D.E.O. Bologna, 1980

N. Cuomo “Handicaps ‘gravi’ a scuola” ed.Cappelli, Bologna, 1983 (il testo è stato tradotto in tedesco, spagnolo e rumeno)

G. Albertini, G. Biondi, N. Cuomo, “Difficoltà di apprendimento e/o di insegnamento?” in “Lo sviluppo e l’educazione del bambino con sindrome di Down” ed. OMEGA, Torino, 1992

N. Cuomo “Pensami adulto” Editrice UTET, Torino, 1995

N. Cuomo, “L’altra faccia del diavolo” Editrice UTET, Torino, 1995

N. Cuomo, “L’Emozione di Conoscere e il Desiderio di Esistere” atti di convegno, Cils Cesena, 2000.

AA.VV. “La macchina del tempo”, MOBYDICK, FAENZA, 2002

E. Bacciaglia, N. Cuomo, “I modi dell’insegnare: tra il dire e il fare…, tra le buone prassi e le cattive abitudini”, Cils CESENA, AEMOCON, 2005

A. Imola, “Le leggi verso le buone prassi dell’inclusione” Edizioni ETS, Pisa, 2008

C. De Pellegrin, “Verso una vita autonoma e indipendente con l’emozione di conoscere”, Edizioni ETS, Pisa, 2009

N. Cuomo, A. Imola, Il metodo “Emozione di Conoscere”, rivista «L’ EMOZIONE DI CONOSCERE E IL DESIDERIO DI ESISTERE», 2010, 8, pp. 1 – 14

G. Albertini, G. Biondi, N. Cuomo, “X Fragile… Il Filo di Arianna e i labirinti – Una ricerca-formazione-azione tra sinergie e buone pratiche di Neuroscienze, Psicologia Clinica e Pedagogia Speciale”, Edizioni ETS Pisa 2014[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]