il metodo emozione di conoscere e il modello empatico relazionale

I percorsi della conoscenza, le esperienze, l’educazione, gli apprendimenti, la didattica, … non sono rappresentati da un percorso sommatoria e lineare come lo sparo di un fucile, ma sistemico, contestualizzato, articolato e complesso come il volo di una farfalla. [Nicola Cuomo]

L’idea di basare gli interventi educativi e didattici sul concetto di “Emozione di Conoscere e Desiderio di Esistere” fu un’intuizione del prof. Nicola Cuomo fin dal 1974 quando iniziò a svolgere attività di ricerca nel campo dello sviluppo e del potenziamento delle diverse e originali intelligenze presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università degli Studi di Bologna.

Ma a cosa si riferiva quando parlava di emozione di conoscere e desiderio di esistere?

Cuomo pensava a quell’energia che consente all’uomo di superare gli ostacoli, le difficoltà e la fatica, che i percorsi della conoscenza spesso propongono, trasformandoli in avventura piacevole.… E’ ciò che proviamo nelle piccole e grandi soddisfazione del quotidiano, incontrando errori, imprevisti, successi e fallimenti…. vivere esperienze che si incarnano in noi e che fanno di noi ciò che siamo lungo il cammino della crescita e della maturità, in un’interazione costante con l’altro.

Troppo spesso, nella vita di una persona con deficit, l’emozione di conoscere e desiderio di esistere, vengono soppiantati da itinerari di apprendimento dove il poter fare, il poter vivere esperienze è posto come un gradino successivo al dimostrare di possedere quella o quell’altra competenza.

Imparare a leggere e a scrivere, a leggere l’orologio e a riconoscere i giorni della settimana, a contare e a riconoscere i tagli delle monete, imparare a fare un caffè… ma a che scopo? 

La finalità degli interventi educativi, alla luce de l’emozione di conoscere e il desiderio di esistere, deve sì portare a competenze nel fare, ma soprattutto desiderio di fare con consapevolezza e intenzionalità.

La persona con deficit, al centro dell’intervento educativo, deve poter avere l’occasione non solo di «imparare autonomie», le quali potrebbero anche derivare da un apprendimento meccanico. Ad esempio si può apprendere a preparare un caffè utilizzando la caffettiera e svolgendo il processo di preparazione da soli fino ad arrivare al caffè pronto da consumare nella tazzina. Il saper preparare il caffè corrisponde ad «agire un’autonomia».

Quel che invece è importante sostenere nel processo formativo è un «imparare ad essere autonomi», nel senso di essere «capaci di governarsi da sé, sulla base di una autentica intenzionalità».

In tal senso più ampio diviene fondamentale non solo il fatto di poter svolgere un’azione da soli, ma anche la capacità di decidere cosa fare, come fare, quando fare, in modo consapevole e responsabile: non solo «so fare il caffè», ma «sento che ora mi va, so decidere autonomamente se e quando berlo, vorrei offrirlo a qualcuno….» e anche: «posso decidere che oggi, anziché prepararlo, potrei andare al bar a berlo in quanto è nei miei desideri, ho voglia di incontrare altre persone, ho i soldi per farlo» oppure come risposta all’imprevisto della caffettiera rotta o della mancanza dell’ingrediente principale. [De Pellegrin 2009]

Tra le peculiarità che caratterizzano gli orientamento de l’emozione di conoscere e il desiderio di esistere vi è dunque il progettare circostanze di apprendimento e di insegnamento assolutamente non sciolte dai contesti relazionali, con la molteplicità di eventi e relazioni psico-affettiva che questi propongono.

Alla base degli interventi vi è il sostenere e maturare intenzionalità e autodeterminazione sapendo che queste si realizzano quando la persona si relaziona con il mondo in maniera attiva, a partire da suoi bisogni, suoi desideri, sue necessità. In questo modo, un processo educativo che accompagna la persona  attraverso l’esplorazione del mondo, la conoscenza e l’interiorizzazione delle sue regole, la condurrà verso l’avere una suo originale, autentico pensiero.

L’intelligenza, qualunque sia il significato che le diamo è soggetta ad essere “orientata, educata e potenziata” (L. Vygotskij 1932) e soprattutto non è data dalla somma delle competenze che possiede, ma dalla capacità di autodeterminarsi, dalla capacità di comprendere/interagire consapevolmente con il contesto.

Principali riferimenti teorici

  1. L. Vygotskij e A. R. Lurija: zona di sviluppo potenziale e la teoria P.A.S.S.
  2. M. Wertheimer: teoria della Guestalt e potenziamento della capacità dei transfer
  3. E. Husserl: fenomenologia e sviluppo delle capacità e competenze intenzionali e di autodeterminazione

Alcuni principi su cui si fonda

1. L’eterocronia: “L’individuo, nel suo sviluppo, non segue dei ritmi costanti, ma eterocroni, si sviluppa cioè a velocità differenti secondo i diversi settori dello sviluppo psico-biologico…” (René Zazzo – 1910/1995). Lo sviluppo della persona è inteso dunque non come un percorso omogeneo (sommatorio e lineare), ma complesso, articolato, con equilibri originali, con diversi tempi di maturazione nelle diverse aree cognitive e fisiologiche

2. La globalità: far riferimento alla teoria dei sistemi complessi per cui ogni elemento influenza l’altro e ne è a sua volta è influenzato. Contesti, situazioni, vissuti… influenzano il significato che la persona attribuisce agli eventi. Per questo percorsi uguali possono raggiungere obiettivi diversi e percorsi diversi possono far raggiungere obiettivi analoghi.

3. Le occasioni: è necessario un progetto che, partendo dai “sa fare” non definisca itinerari di apprendimento pre-organizzato, ma personalizzi gli interventi, a partire dalle originalità della persona e soprattutto sappia coglie occasioni reali, forti dal punto di vista emozionale e relazionale, in cui emerga la necessità di attivarsi, di agire e, con questo, acquisire una serie di apprendimenti;

4. Autonomia-Socializzazione-Appendimenti: sono da considerarsi come un sistema integrato e contemporaneo e valutano l’efficacia dell’intervento  relativamente al loro gradiente di implicazione ed integrazione reciproca, per cui: ogni autonomia deve produrre competenze in relazione alla socializzazione e agli apprendimenti; la socializzazione competenze negli ambiti delle autonomie e degli apprendimenti; gli apprendimenti competenze negli ambiti della socializzazione e delle autonomie.

5. Vissuto/Subito: fondamentale è passare da uno stile educativo passivo/subito, dove la persona vive esperienze nate e organizzate sulla base della necessità dell’altro (del genitore, dell’educatore, dell’insegnante), ad uno stile attivo/agito dove la persona vive i processi e si attiva in relazione ad un proprio scopo, ad una propria necessità.

6. Attenzione ai processi: grande importanza va data all’implicare la persone con disabilità nei processi in modo da immetterla in una condizione in cui poter riflettere sulle azioni e sulle conseguenze di queste, per impadronirsi delle competenze in maniera profonda e strutturale.

VIDEO

Il prof. Nicola Cuomo spiega il concetto di Emozione di Conoscere

La dott.ssa Imola racconta lo stile dei nostri interventi

Intervista ad Alice Imola (Ass. AEmoCon) e Teresa Bellini (Fondazione CondiVivere e CONFAD) sul Metodo Emozione di Conoscere