Il Centro mette a disposizione uno sportello psico-pedagogico per delineare e pianificare un progetto di intervento in Pedagogia Speciale finalizzato allo sviluppo e al potenziamento cognitivo ed affettivo di bambini e persone con deficit, dalla nascita al “dopo di noi”, secondo un approccio che parte dai “sa fare” per andare ad intervenire nella “zona di sviluppo potenziale” e sollecitare autonomie, socializzazione e apprendimento trasferibili nei diversi contesti di vita.
La nostra utenza risiede in diverse regioni d’Italia, questo ci permette a livello comparativo di rilevare e considerare dati e caratteristiche oltre che relative ai tipi di deficit, patologie, bisogni e collocazione sociale, anche riferimenti caratterizzanti le diverse zone geografiche.
L’intervento progettuale ha quale riferimento un protocollo che prevede:
- Incontro personalizzato con la famiglia (o referenti educativi) per analizzare lo stile educativo e iniziare a delineare una mappa dei “sa fare” della persona e dei suoi originali cognitivi ed affettivi al fine di ipotizzare un primo progetto di intervento nei contesti di casa-scuola-tempo libero e, per agli adulti, lavoro. In seguito all’incontro viene inviata alla famiglia una relazione contenente prime indicazioni da mettere in atto nel vivere quotidiano.
- Per quanto riguarda il contesto casa e tempo libero solitamente si consiglia alla famiglia di farsi affiancare da un Operatore di riferimento per circa 2 moduli settimanali (di 3 ore ciascuno) – ogni famiglia che aderisce al protocollo ricerca sul proprio territorio di appartenenza un operatore che metta in atto le piste di lavoro ipotizzate.
- Inizia così un Percorso che va a delineare e a “cucire su misura” un progetto di vita grazie ad uno scambio e ad un confronto periodico (mensile) tra i responsabili pedagogici e psicologici dell’Associazione, la famiglia e l’operatore, attraverso supervisioni realizzabili anche a distanza (grazie a skype), analisi di videoregistrati, …
Il Percorso di ricerca-formazione-azione vuol mettere in atto un vero e proprio training finalizzato a fornire alle famiglie chiavi concettuali, strumenti culturali, metodologie ed abilità (agilità mentale) per un’attenzione ai particolari, ai contesti, alle situazioni, agli ambienti, alle relazioni… Un’attenzione formativa attiva rivolta a far “penetrare” i protagonisti (le famiglie, gli operatori, gli insegnanti…), nelle strutture delle esperienze, con la finalità di mettere in atto un processo di empowerment che fornisca loro strumenti culturali, chiavi di lettura e buone prassi di intervento finalizzati allo sviluppo dei potenziali cognitivi ed affettivi della persona, nel rispetto della sua originalità e in situazione di inclusione.
Il primo incontro – l’intervista-colloquio
L’intervista-colloquio ha lo scopo di realizzare una storia della persona con deficit, dei suoi sa fare, per formulare le prime ipotesi di intervento. I primi incontri solitamente vengono condotti senza la presenza del bambino, della persona in quanto il contesto-colloquio, la situazione, l’atmosfera… ci presenterebbe un bambino, una persona totalmente diversi da come sono nella vita quotidiana.
Si preferisce raccogliere videoregistrazioni in situazione che ci presentano situazioni relazionali e contestuali oppure inviare un componente dello staff direttamente nei contesti di vita per osservare e rilevare documentazione audiovisiva [1].
Rilevare le competenze
Spesso vi è la tendenza, nel presentare la persona con deficit, di partire dalle difficoltà, dagli ambiti problematici in quanto si pensa che è su quelli che bisogna intervenire direttamente per risolverli e/o modificarli. Il colloquio invece viene condotto percorrendo la storia della persona, narrata dai genitori (o da responsabili educativi), cercando di individuare e mettere in evidenza le competenze, gli anche pur minimi “sa fare”, per potenziare, dilatare quei momenti, quelle situazione in cui la persona è più attenta e partecipe, attiva e disponibile.
Durante il colloquio si mira quindi a rilevare sia i “sa fare” della persona, ma anche il punto di vista della famiglia stessa (o dei responsabili educativi – Scuola, Centri diurni,…), lo stile educativo di questa e gli orientamenti educativo/didattici/formativi di insegnanti, terapisti, educatori… poiché è proprio con questi che si vuol collaborare attraverso il protocollo.
L’intervista-colloquio parte da momenti liberi di “conversazione” per poi gradualmente (man mano che la narrazione fornisce elementi, dati) divenire sempre più mirato, pilotato, definito.
Il confronto mira a concatenare eventi, a mettere insieme episodi allo scopo di individuare e/o di costruire quadri congruenti, interrogando il percorso vita della persona, tenendo sempre conto della relazione tra lui e il contesto, tra lui e gli altri quali i fratelli, i nonni, gli insegnanti, gli amici, i terapisti, …
Il confronto viene condotto in modo da prendere in considerazione episodi, circostanze, anche quelli che possono sembrare banali e, proprio per questo, ritenuti marginali dagli intervistati, quali elementi analizzatori del sistema relazionale complesso nell’ambito famigliare, scolastico e del tempo libero in relazione con gli eventi, i contesti, le situazioni, gli altri con cui la persona viene a contatto.
Altra attenzione che nel primo colloquio in particolare si tiene è quella di evitare il determinarsi di situazioni conflittuali con le strutture locali pubbliche e private, i professionisti del territorio di provenienza delle famiglie, immettendo riferimenti ed opportunità finalizzate a creare delle complementarietà, delle reti sinergiche, una cooperazione tra Enti Pubblici e Privati in modo da potenziare il campo di indagine e di intervento (come previsto dalla legge 104 [2]).
Al termine del colloquio si definiscono alcune ipotesi di intervento, strategie operative e piste di lavoro esplorative supportate da possibili strumenti mediatori. Si concorda inoltre una sorta di diario dei cambiamenti per poter valutare e monitorare la validità delle ipotesi progettuali che si andranno formulando e poter rinnovarle/potenziarle/modificarle tenendo conto delle originalità della persona e delle sue risposte al procedere degli interventi. Spesso i primi interventi propongono delle variazioni positive, ma queste non risultano significative se non si riesce a comprendere:
- sino a che punto dipendono dalla crescita spontanea;
- se le variazioni sono relative alla novità che l’intervento propone rispetto ad una routine;
- se sono il risultato delle nostre ipotesi, del lavoro che i genitori, gli insegnanti, gli educatori, i terapisti stanno mettendo in atto.
Man mano che si vanno chiarendo le cause dei progressi della persona, il percorso può “incanalarsi” sempre più in quegli ambiti più potenti ed adeguati e scoprirne od inventarne di altri.
Valutazione dell’efficacia: autonomie, socializzazione e apprendimenti
Nel procedere degli interventi se ne valuta l’efficacia relativamente al gradiente di implicazione ed integrazione reciproca di Autonomie, Socializzazioni e Apprendimenti per cui: ogni autonomia deve produrre competenze in relazione alla socializzazione e agli apprendimenti; la socializzazione competenze negli ambiti delle autonomie e degli apprendimenti; gli apprendimenti competenze negli ambiti della socializzazione e delle autonomie.
Queste tre, definite “aree di competenze”, vengono distinte solo per necessità di analisi e per ritrovare dati utili per la ricerca, ma sono da considerare come un sistema integrato, contemporaneo.
Le tre aree di competenze vanno analizzate, in una ricerca sistematica, per poterle riferire alle diverse situazioni-contesti in cui le abilità e le competenze emergono, per poter individuare gli atti, le modalità, le condizioni che le hanno favorite.
I contesti, le situazioni, le atmosfere, e modalità relazionali: il Progetto amico secondo il modello empatico-relazionale
Sul piano degli orientamenti metodologici e delle loro messa in pratica, i nostri interventi propongono un atteggiamento relazionale, modalità comunicative ed azioni di mediazione strumentale e relazionale facilitanti lo sviluppo cognitivo ed affettivo, ricongiungendosi con l’ipotesi integrata di autonomie, socializzazione e apprendimento sopracitata.
I percorsi “piste di lavoro” andranno alla ricerca di situazioni concrete, reali, cariche di significato e forti dal punto di vista affettivo e relazionale in cui produrre occasioni di APPRENDIMENTO, SOCIALIZZAZIONE e AUTONOMIE , in situazioni di vita quotidiana.
Un agire secondo una modalità relazionale, all’interno di un rapporto empatico capace di creare contesti e occasioni in cui immettere e implicare la persona con deficit in modo che viva attivamente i processi e ne intraveda chiaramente i sensi e le finalità e in cui gli apprendimenti che si vogliono far raggiungere divengono “strumenti” per raggiungere chiari ed evidenti scopi, risolvere problemi, grattacapi, ottenere qualcosa, … Un riflettere sulle azioni per impadronirsi delle competenze in maniera profonda e strutturale in modo da poter esercitare intenzionalmente trasfer cognitivi.
Ed ecco che per esempio il voler invitare degli amici a casa diventava quell’occasione forte sul piano emozionale che trascina verso l’apprendimento:
- della letto-scrittura (preparo degli inviti – realizzo una rubrica per poterli contattare – compongo messaggi);
- di calcolo e uso del denaro (preparo per loro una torta, cucino, compro gli ingredienti, le quantità da calcolare, da pesare…. );
- del tempo (quando invitarli, a che ora iniziare a fare la torta affinché sia pronta per quando arriveranno, quanto tempo ci metto, quanto tempo manca…);
- dell’orientamento (nell’invito metto una mappa di come raggiungere casa mia…, per andare a fare la spesa al supermercato prendo l’autobus, quale…, che tragitto…)
- …
Di seguito alcune aree di intervento verso una vita adulta autonoma e indipendente
- potenziamento della conoscenza dello spazio e del tempo
- categorizzazione, seriazione, classificazione
- coordinamento oculo-manuale e motricità fine
- conoscenza e utilizzo del danaro
- potenziamento di attenzione, memoria e osservazione
- acquisizione e potenziamento di abilità di letto-scrittura e calcolo
NOTE
[1] Il nostro metodo di osservazione prevede nuclei che si svolgono in momenti diversi, questo anche per garantire una maggiore cura nel poter osservare con sufficiente tempo tutti gli elementi che giocano un ruolo importante nella comprensione del caso. Questa metodologia prevede che la prima parte che riteniamo utile osservare è il nucleo genitoriale. Successivamente si prevedono osservazioni a distanza tramite video utili ad osservare la persona in azione nei suo abituali contesti di vita e a sollevare da eventuali stress che molto spesso una situazione di valutazione diretta comporta sia per la persona che per i genitori. Il non vedere la persona durante i primi confronti con la famiglia non esclude l’importanza dell’osservazione e la sua utilità. In relazione alle ricerche a cui facciamo riferimento utilizziamo sia un’osservazione mediata dai genitori (oltre che eventuali operatori/insegnanti) che risulta molto utile in quanto vivono quotidianamente con la persona. I dati possono presentare coerenze, incoerenze, simmetrie dissimmetrie, hanno riferimenti a contesti, situazioni, avvenimenti (già avvenuti) in cui sarebbe impossibile per noi essere presenti. La gestione del colloquio, la metodologia che utilizziamo nel chiedere, nel rapportare, nel confrontare,…ci orienta in quanto possiamo confrontare i dati e le notizie richiesti, numerosi e particolareggiati, con un’ampia casistica.
I riferimenti alla casistica, le modalità di conduzione del gruppo di incontro, l’incrociare i dati riportati in differenti contesti, situazioni, tempi, atmosfere e climi emozionali, la storia della persona, la nemesi, la diagnosi, con l’esperienza quale sfondo di riferimento ci propongono suggestioni, intuizioni, supposizioni, un quadro con una certa leggibilità che maturandosi va a sollecitare ipotesi che vengono strutturate in piste di lavoro, in interventi, in prassi.
I progetti via via, in relazione ai risultati, vengono corretti, potenziati in alcune delle loro parti, le ipotesi ritenute le più adeguate collegate ad altre, un itinerario dinamico che va alla ricerca sia di fondamenti teoretici e scientifici sia di buone prassi da sperimentare, valutare e verificare nella loro epistemologia ed efficacia.
Date le riflessioni precedenti l’osservazione diretta non viene comunque scartata, ma diviene un utilissimo riferimento per valutare, verificare, conoscere, sia inviando un operatore nei contesti, sia attraverso la videoregistrazione di situazioni che i genitori, gli insegnanti ritengono problematiche.
Tali videoregistrazioni risultano utili sia per contestualizzare la situazione ed osservarla (anche al rallentatore e/o soffermandosi su alcuni passaggi, su toni di voce, espressioni ecc…) sia per sovrapporre la situazione problematica con i cambiamenti, si auspica positivi, che i progetti nell’ambito della Pedagogia Speciale hanno la finalità di proporre.
Il videoregistrato viene analizzato con un approccio multidisciplinare ed è tra i riferimenti di grande importanza per la formulazione di ipotesi di intervento e di verifiche (oltre ad essere una memoria da poter consultare nel tempo).
[2] Cfr. Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (in GU del 17 febbraio 1992) Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate Art. 5 – Principi generali per i diritti della persona handicappata –
- La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell’autonomia e la realizzazione dell’integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:
- sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca.