Per una piena realizzazione personale e partecipazione sociale il lavoro è l’elemento più potente a disposizione della persona; togliere o non considerare il lavoro all’interno di un itinerario riabilitativo e/o educativo comporta il precludere alla persona, qualunque sia la sua originalità e/o complessità, una porzione esistenziale importante dal punto di vista dello sviluppo della sua identità in quanto uomo/donna, in quanto cittadino che concorre al progresso dalla società; togliere o non considerare il lavoro all’interno di un itinerario riabilitativo e/o educativo significa dunque pensare al disabile come ad un cittadino di serie B, non beneficiario di quei diritti e doveri previsti della normativa o comunque assoggetto alle decisioni e alle scelte che gli altri cittadini, quelli di serie A, faranno per lui.
Secondo questa prospettiva il lavoro non essendo mero fattore di produzione diviene una condizione fondamentale per far dare senso e scopo alle proprie azioni, senso e scopo senza i quali risulta molto complesso intervenire per far nascere e potenziare intenzionalità e autodeterminazione in una persona; il lavoro diviene così contesto indispensabile per far nascere, acquisire e potenziare tutta una seria di abilità, competenze che altrimenti non potrebbero essere conseguite in situazioni assistenziali, ghettizzanti, lontane dalla realtà.
Il protocollo per l’inserimento lavorativo previsto dal Metodo Emozione di Conoscere e dal Modello Empatico Relazionale propone:
-
sopralluogo nei contesti e raccolta dati finalizzata a individuare e/o ritagliare ad hoc mansioni possibili per la Persona
-
confronto/formazione dei colleghi di lavoro
-
affiancamento, osservazione e monitoraggio della prima nel prima fase di inserimento
-
rilevazione dei “sa fare”, delle criticità, … sia relativamente alle mansioni stesse che nel rapporto con i colleghi
-
formulazione di ipotesi di intervento, individuazione ed uso di strategie e supporti mediatori
-
verifica in itinere e riorganizzazione delle ipotesi e del progetto sulla base delle verifiche effettuate..
-
valutazione del progetto e monitoraggio periodico in itinere
Il lavoro, per la persona con deficit, significa finalmente entrare in un contesto con un’organizzazione a cui bisogna adattarsi, vivere un’esperienza relazionale con delle regole e condizioni reali, essere in un contesto dove tutti devono sottostare ad un’organizzazione pattuita, percepirsi in una dimensione adulta.
Il protocollo per l’inserimento lavorativo nasce da una lunga esperienza del prof. Nicola Cuomo nel campo “disabilità e mondo del lavoro” (cfr. video). Negli anni ’70 fu coordinatore di corsi finanziati dal Fondo Sociale Europeo per la formazione di operatori dei C.F.P. – Centri di Formazione Professionale – ‘speciali’ ed ‘integrati’ nella Regione Emilia Romagna da cui divenne consulente dell’Istituto di Formazione e Ricerca del Bildungswerk di Francoforte per la formazione dei quadri e per progetti di collaborazione tra mondo del lavoro e della formazione (Università, Scuola, Industria, Progetti PETRA). In quegli anni iniziò anche una lunga collaborazione con la coop CILS di Cesena fondata nel Giugno del 1974 da tre associazioni (ANFFAS, ENAIP, ANMIC), per contrapporre, all’assistenzialismo di Stato, la cultura della piena integrazione dei disabili nella società e nel lavoro.
La sfida, al limite dell’utopia, in quegli anni consisteva nell’individuare attività lavorative congeniali a persone con deficit cognitivi, anche con gravi, grazie al sostegno adeguato di colleghi-educatori di support normodotati. All’interno delle ricerche sul Metodo Emozione di Conoscere, fin dal 1974 fu fatta la scelta dell’integrazione di persone con deficit in vere e proprie attività lavorative, rinunciando a realizzare laboratori protetti, per evitare che, a fronte di un grande impiego di risorse pubbliche, potessero diventare luoghi di ulteriore emarginazione.
Il protocollo per l’inserimento lavorativo
Il protocollo si avvale dell’affiancamento di un Operatore formato al Metodo Emozione di Conoscere e supervisionato periodicamente dall’area pedagogica e psicologica, per intervenire secondo il Modello Empatico Relazionale all’interno di un progetto vita integrato, dove il lavoro rappresenta un importante tassello assolutamente non svincolato, isolato, dagli altri (vita domestica, tempo libero, socializzazione, sessualità ecc…), ma parte integrante di un ampio progetto di vita.
Questo aspetto risulta fondamentale in quanto si fonda su un approccio che non vede la mente umana organizzata per compartimenti stagni, ma dinamica, capace di trasferire competenze da un contesto all’altro se tali contesti sono carichi di senso e potenza emozionale.
Rispetto delle regole, gestione del tempo, del denaro, orientamento spaziali…, sono tutte competenze che non possono essere acquisite limitatamente ad un solo contesto, ma devono divenire funzionalmente utili e poter essere ritrovati e rigiocati da una situazione ad un’altra.
La figura dell’Operatore è quindi di grande rilevanza in quanto a tale figura viene affidato il compito importante e delicato di guidare la persona in situazione di disabilità nel suo progetto di vita e, in particolare per quanto riguarda il lavoro, nelle prime fasi dell’inserimento, nel monitorare l’evoluzione del processo di adattamento, favorire le relazioni fra colleghi e agire sull’ambiente per facilitare l’accettazione.
Video
Esperienze storiche
Storia di Stefano – sindrome di Rubinstein
Storia di Alessandra – sindrome di Down (ricerca in collaborazione Italia-Svizzera)
Esperienze attuali